Saturday, 5 June 2010

Corto circuito (IT)

Prosegue al Teatro della Corte l'appuntamento con le messe in scena della Rassegna di drammaturgia contemporanea, che, dopo Le diable en partage del francese Fabrice Malquiot, ha previsto la rappresentazione di uno spettacolo di tematica e ispirazione completamente diverse. Dal crudo realismo della prima mise, con Corto Circuito dell'italiano Piero Olivieri si passa, infatti, a un surrealismo inquietante, in un intreccio giallistico intriso di pulp alla Tarantino.

Due malviventi fuggiti a una tragica rapina ricevono un'inaspettata telefonata che precede l'ingresso di un terzo personaggio dal nome Lived (che può essere interpretato da un'altra prospettiva se letto al contrario): l'impacciato e ambiguo nuovo arrivato è appassionato di “Paperino” e ha difficoltà deambulatorie, ma, a dispetto dell'innocua apparenza, promette ai protagonisti una lauta ricompensa e la sua incondizionata protezione in cambio di un favore. La richiesta di sparare a due uomini dentro a una stanza attigua e in tutto identica a quella in cui si trovano i due balordi viene soddisfatta, ma presto sulla scena inizia a prendere forma una situazione paradossale di cui i protagonisti sono vittime. Come se una pellicola venisse riavvolta e riavviata, le battute vengono ripetute ossessivamente. Lo spettatore avverte e interiorizza la preoccupazione dei due malviventi, percependo qualcosa d'inconsueto e indefinibile. Lived entra ed esce dalla scena, provocando i suoi interlocutori sui temi del dolore, della morte e della relatività del tempo, e lasciando intendere di sapere tutto sulle loro rispettive e di poterli, pertanto, controllare.
Per comprendere appieno la messinscena non basta soffermarsi sulla trama, ma si rende necessario andare oltre alla dialettica dei protagonisti e degli eventi. Quella che sembra una semplice storia di gangster assume così i connotati di un dramma esistenziale, con tanti piccoli colpi di scena che fanno da preludio alla rivelazione finale: i due balordi si trovano imprigionati in un loop in cui lo stesso istante si ripete all'infinito.
La messinscena si svolge interamente dentro a una gabbia che rappresenta la condizione dei protagonisti. I due giovani attori Vincenzo Zampa e Gian Maria Martini interpretano con consapevolezza uno spettacolo complesso; con loro sul palco, lo scafato Antonio Zavatteri, che rende inquietante quanto basta la figura di Lived, arricchendola di sfumature che si articolano dal registro comico a quello sadico. L'efferatezza della rappresentazione risulta, quindi, più psicologica che fisica, lasciando lo spettatore sbigottito di fronte all'indeterminatezza degli eventi.
Roberta Balduzzi (da www.cinemaeteatro.com 05/06/2010 - Foto di P. Lanna)

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